E’ difficile provare dei sentimenti per un computer. Così come può essere difficile provare a raccontare certe storie. Siamo quasi alla fine del primo decennio degli anni duemila e quel giorno l’ho profondamente odiato, il mio computer.
La Signora Martina Martini
“Dottor A-n-s-à-l-d-o ? ” Il modo in cui pronunciava il mio cognome era inconfondibile, con quella cadenza genovese portata all’estremo.
Era la signora Martina Martini. ” Non è che può fare un salto questa sera ? Ho una gatta che non sta tanto bene.” Quella era però la prima volta che la sentivo ed era per lo più il mio primo giorno di lavoro, un giorno fatidico, il 3 giugno 1991.
Una proposta indecente.
Ci sono sempre dei momenti nella vita in cui ti capita improvvisamente qualcosa di inaspettato, un incidente di percorso che non avevi previsto, un qualcosa che può profondamente logorare i tuoi nervi. Sono le forze che girano attorno a te, che vogliono metterti alla prova come in un braccio di ferro che lascia da una parte i vittoriosi e dall’altra i perdenti.
Un domicilio da incubo.
Un domicilio da incubo
La preghiera nel portafoglio.
La preghiera nel portafoglio.
Ho una preghiera che conservo nel mio portafoglio da molti anni. Mi è stata data da una persona sconosciuta in una giornata veramente speciale. E da quel giorno è lì. I margini si sgualciscono con il tempo che passa ma non mi è mai passato per la testa di buttarla.
Ha una carica di positività immensa ed il significato religioso che la riveste in realtà è ricco di una spiritualità che può colpire chiunque, sia i credenti che chi non crede affatto.